Gli ospiti se ne sono andati, prendo il mio fedele iPod dalla giacca, mi verso due dita di Lagavullin Distillers Edition ed esco sul balcone. La temperatura è mite, potrebbe quasi sembrare primaverile. Faccio scorrere le mie playlist fino a scegliere Glenn Frey con la sua “You belong to the city”. Non credo ci possa essere pezzo più adatto per questo panorama. Le note del sassofono cominciano ad avvolgermi, il calore del whisky si diffonde in tutto il corpo. Di fronte a me la città, con tante storie da raccontare e tra le tante la mia. Ma non è di me che voglio scrivere, stasera è questa città che mi interessa. Questa città che si svolge sotto di me, che incanta con le sue luci. Questa Milano che si dona a chiunque arrivi o ci viva, una città piena di vita, una città in cui tutto trovi e tutto è possibile, e per questo viene abusata; ma è anche una città che, nonostante tutto, sa essere forte, capace di resistere al malcostume, alla sporcizia, alle angherie e a tutte le ferite che le infliggono, a rialzarsi ogni volta e continuare a sorridere con le sue luci che illuminano la notte, cono i suoi monumenti, noti più agli stranieri che agli autoctoni, con le sue abitudini. E’ una città frenetica, certo, un po’ ossessiva, ma come diceva una canzone che cantavano i nostri nonni: “Lassa pûr ch’el mund el disa, ma Milan l’è on gran Milan”.
Le note della canzone cominciano a sfumare, come anche i vapori del whisky. Il bicchiere è vuoto e forse è meglio che chiuda qui i miei vaneggiamenti. Mi volto a dare un ultimo sguardo alla mia città, non servono parole, domani ci si rivede.